Parole nude che diventano storia in un racconto potente e coinvolgente. Ecco “Muori cornuto”, la narrazione del calabrese che nel 1933 tentò di uccidere il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, scritta in un suggestivo volume dall’attore Peppino Mazzotta e dal giornalista Arcangelo Badolati.
Il libro – presentato nella gremita Villa Rendano, trasformata in un vero e proprio teatro all’aperto in occasione del partecipato incontro – è la storia di Giuseppe Zangara, protagonista di una vita accattivante, di un destino capace di segnarlo e di attraversarlo nella sua avventura più forte e più impegnativa, ovvero quella che coinvolse se stesso in interiore homine. Un attore e un giornalista, insieme, hanno dato vita a un volume senza tempo.
Due personaggi uguali e diversi, da una parte Mazzotta, protagonista de “Il commissario Montalbano” in cui interpreta l’ispettore Fazio, e dall’altra Badolati, uno dei massimi esperti italiani di ’ndrangheta, hanno evocato quel contorno di parole, di suoni, di simboli, di gesti, di aneddoti stravaganti e di deliri che possono essere ritrovati solo in un uomo del Sud, nel bene e nel male. La giornalista Antonietta Cozza ha coordinato l’incontro di presentazione, con gli interventi musicali a cura del maestro Lorenzo Carella a fare da piacevole sottofondo.
Presente l’editore Walter Pellegrini e tanti autorevoli personaggi, professionisti, autorità e cittadini. Tutti hanno, inoltre, potuto assistere alla trascinante pièce di Peppino Mazzotta, capace, come sempre, di incantare attraverso la sua arte. “Muri cornuto”, più di 250 pagine in forma letteraria e teatrale, la storia di Giuseppe Zangara e quella del ferimento mortale del sindaco di Chiacago Anton Cermak. L’attentatore era nato a Ferruzzano, in provincia di Reggio Calabria, all’interno di una famiglia costretta a vivere in un’area molto povera del nostro Paese. Rimasto orfano a soli due anni, Zangara è costretto sin da bambino a lasciare la scuola e a lavorare nei campi. Sarà chiamato a combattere sul fronte del Carso durante il primo conflitto mondiale per poi emigrare negli Stati Uniti, dove già era sbarcato uno zio materno, Vincenzo, prendendo dimora a Paterson, nel New Jersey.
Zangara non riuscirà a fare fortuna in America. La condizione di sostanziale infelicità che lo accompagnerà lungo il corso di tutta l’esistenza, lo convincerà perciò che il mondo è dominato solo dai ricchi e dai capitalisti, pronti ad approfittare della gente povera e sfortunata. Per questa ragione deciderà di assassinare il presidente degli Stati Uniti, Franklyn Delano Roosevelt, massimo rappresentante, a suo avviso, del capitalismo mondiale. Nell’attentato teso a Miami all’uomo politico, sbaglierà però bersaglio ferendo il sindaco di Chicago, Anton Cermak, che in seguito morirà. La circostanza farà finire Giuseppe Zangara sulla sedia elettrica.
Il calabrese verrà giustiziato nella prigione di Raiford nel 1933. Pure nel momento della esecuzione, quest’uomo mostrerà una dignità e un coraggio senza eguali denunciando pubblicamente le ingiustizie subite nel corso della vita; egli spirerà inneggiando a tutti i poveri del mondo. La sua vicenda è ricostruita in questo volume sulla base del diario che il condannato scrisse nei giorni di detenzione. Nel racconto, sia letterario che teatrale, vi sono elementi di fantasia e personaggi che arricchiscono le vicende di colore e di sfumature. L’intento della pubblicazione è di far conoscere la figura di questo “ribelle” che interpreta il disagio profondo di milioni di persone che, nel secolo scorso, hanno subito soprusi e ingiustizie sociali. Per molto tempo, infatti, nell’ambito di contesti statuali diversi, le speranze di riscatto coltivate dalle popolazioni non hanno mai trovato concreto sbocco.
Antonio Sergi
*foto di Luigi Cristaldi