di Anna Zupi
Roghudi, è un borgo in provincia di Reggio Calabria, sulla strada che conduce da Melito Porto Salvo verso l’Aspromonte.
Questo luogo pullula di misteri e leggende, del resto come gran parte del territorio Calabrese. Roghudi in realtà è un borgo fantasma; la sua storia ha una particolarità:è diviso in due parti che però non confinano, ma distano tra loro di una quarantina di chilometri. Il suo territorio si estende alle pendici meridionali dell’Aspromonte.
Un territorio abitato già dal 1050 e conosciuta come area grecanica (cioè una zona in cui si parlava la lingua greca). Roghudi infatti deriva dal nome greco“Rogòdes“: pieno di crepacci. Nel 1971 una forte alluvione distrusse gran parte del borgo causando morti e dispersi e rendendo le abitazioni inagibili.
Nella frazione di Ghorio di Roghudi esistono due rocce che, il vento e la pioggia hanno modellato nel corso dei secoli acquisendo una particolare conformazione: la “Rocca tu dracu” Roccia del drago. La sua forma ricorda la testa di un drago, e la leggenda narra che fosse proprio lui a decidere le sorti del borgo stabilendone le alluvioni e gli smottamenti; le cosiddette “Vastarùcia“.
Le Caldaie del latte, sono altre rocce modellate dagli agenti atmosferici che nel tempo hanno assunto una forma sferica in alcune parti, e secondo la leggenda servirono da nutrimento per il drago padrone del borgo. La prima roccia è monolitica e ricorda la testa di un drago dove sono incisi due cerchi che sembrano due grandi occhi. E’ qua sotto che si troverebbe un tesoro inestimabile custodito dal drago. Gli abitanti credevano che chi osasse avvicinarsi alla roccia, sarebbe stato travolto da una violenta folata di vento e scaraventato giù nelle acque del torrente.Le caldaie rappresentano invece le “caddhareddhi”, le pentole del latte che permetterebbero al drago di nutrirsi.
Altre leggende tramandano che di notte i visitatori del centro disabitato possono sentire le urla dei bambini caduti nel burrone sulla fiumara Amendolea o il rumore delle sirene delle Andrade: donne con zoccoli di mulo al posto dei piedi perennemente alla ricerca du uomini da sedurre. Di giorno vivevano nascoste tra le rupi, ma di notte il loro scopo era quello di attirare con l’inganno le donne del paese verso il fiume per ucciderle e accoppiarsi quindi con gli uomini del villaggio. Per scongiurare questa minaccia le donne fecero costruire tre ponti ancora esistenti, uno a “Plachi”, uno a “Pizzipiruni” e uno ad “Agriddhea”.