Ven 29 Mar 2024
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Calabria in Parlamento: deputati allo sbaraglio

Non è dato sapere come interpreteranno il loro ruolo i senatori calabresi ma per i deputati intervenuti alla camera sul decreto Calabria qualche considerazione dovuta si può fare. Nell’insieme si è trattato di uno spettacolo penoso che nemmeno i pochi interventi di rilievo possono riscattare.

Nessuno si è mai illuso di avere nelle file dei parlamentari calabresi dei De Gasperi o dei Quintino Sella in carriera ma nemmeno degli Andreotti e dei Cossiga e nemmeno dei Giacomo Mancini, dei Riccardo Misasi e dei Francesco Martorelli per non dire, a destra, dei Benito Falvo, dei Valenzise, soltanto per fare alcuni nomi.  

Purtroppo i tempi che viviamo sono tempi in cui in parlamento siedono in maggioranza deputati e senatori eletti a colpi di vaffanculo, grazie a un comico che era in crisi di popolarità ed ha messo a frutto, incontrastato, la libertà che hanno i comici di mettere in mutande il potere e chi lo rappresenta. Il resto lo hanno fatto gli italiani stanchi ma non rassegnati agli scandali e alle ruberie.

Chi non ricorda le messinscene degli scontrini dei panini, gli insulti ai giornalisti, l’apriscatole per le istituzioni, niente auto blu, in bus per insediarsi alla presidenza della terza carica dello stato ma in favore di telecamere? Roba passata, di un’altra epoca. Si sono ripuliti come quelli della lega che non esibiscono più, a sostegno delle loro posizioni politiche, cappi, sogliole e fette di mortadella. Ora indossano giacca e cravatta di ordinanza, però, non hanno migliorato lessico e cultura di governo, a parte gli esponenti più consumati che hanno capito, alla fine, la differenza fra sputtanare le istituzioni e avere la capacità di governarle.

Il dibattito che si è svolto alla camera sul “decreto Calabria” è andato in calendario molti giorni dopo le umilianti immagini trasmesse da tutte le reti televisive sulla gestione commissariale e sul disastro della sanità calabrese. C’è stato, dunque, tutto il tempo per prepararsi e cercare in qualche modo di raccontare e argomentare come e per responsabilità di chi la Calabria si trova ridotta nelle condizioni in cui versa.

A cominciare dai commissari nominati in quota al centrodestra, al centrosinistra e ai governi a trazione lega e Mstelle. E’ risaputo che lupo non mangia lupo e, quindi, è regola non scritta che le vergogne insieme alle responsabilità in politica si compensano. E così se Cotticelli lo ha nominato 5stelle, Zuccatelli lo ha nominato il pd e alcuni sub-commissari li ha indicati la lega.

Inevitabile, quindi, che il dibattito prendesse la piega dei tecnicismi, della terminologia legislativa, della lamentazione stucchevole, del vittimismo di maniera, degli emendamenti di bandiera per altro non presi in considerazione da commissione e governo e, quindi, sistematicamente bocciati in sede di votazione.

Lasciando da parte stile, oratoria e lessico, soffermiamoci su alcuni interventi di cui ci siamo imposti di non rivelare il nome ma che impietosamente camtele3 ha mandato in onda per tre giorni. L’impressione prevalente che si ha, nella sequenza degli interventi manifestamente omissivi, è come se a parlare siano parlamentari che con i disastri della Calabria non hanno nulla a che fare, come se fossero testimoni incolpevoli di un dramma che non li riguarda.

Undici anni di gestione commissariale consociativa con una spesa sanitaria generosa quanto dissipatrice, bilanci non presentati, voragini di passività, doppie fatturazioni, ospedali chiusi, medici e infermieri non sostituiti, emigrazione negli ospedali del Nord con un costo per le casse regionali di oltre 300 milioni di eurospesa sanitaria pro-capite meno della metà rispetto al centro-nord. Non abbiamo sentito nulla nemmeno la spiegazione che la gestione commissariale si è resa necessaria per il debito accumulato proveniente dalla gestione “politica” degli assessori regionali che la rendicontazione della spesa la facevano a voce.

Era l’occasione per fare verità, per dire da che storia veniamo mentre suscitava ilarità l’intervento di quel deputato che, volendo ottenere un ruolo di controllo o di partecipazione della regione nella gestione commissariale, si appellava alla sovranità del popolo calabrese espressa e rappresentata dalla regione e dai suoi organi di governo. E nessuno a fargli osservare che la sovranità del popolo calabrese risiede in quel 60 per cento che non va a votare e non nel 40 per cento dei partiti, delle lobby, delle clientele, della malaburocrazia e della malaimprenditoria notoriamente famelici beneficiari della spesa pubblica utilizzata a favore di interessi di parte e a danno della collettività.

Nessuno che abbia chiosato o spiegato le parole del procuratore Gratteri quando, a milioni di italiani, attraverso le reti televisive, spiegava che in Calabria se i concorsi non si fanno a Roma e con commissari esaminatori che parlano tedesco la ‘ndrangheta continuerà a infiltrarsi nelle istituzioni imponendo una economia illegale a danno dell’economia sana e legale. Né il nuovo commissario super-poliziotto potrà ottenere risultati concreti se, per lo staff dei collaboratori, intende avvalersi di personale che già opera nelle asp e che deve la sua assunzione al mercato del voto di scambio e delle protezioni elettorali, cui la ‘ndrangheta non è certamente estranea.

Per completezza, però, non bisogna ignorare l’intervento di quel deputato che ha protestato per la nomina di generali delle varie armi ai vertici del piano di rientro della sanità. Nulla da obiettare al profilo personale e militare dei generali ma la Calabria ha bisogno di manager competenti che sappiano dove mettere le mani e non di greche ed ermellini in pensione o prossimi alla pensione. Un momento di verità e di coraggio che va segnalato. Per il resto non rimane che prendere atto di una rappresentanza politica che ha avuto l’occasione per riscattarsi e l’ha mancata.