Sab 18 Mag 2024
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Qualità del lavoro, Calabria penultima in Italia

In Lombardia la qualità del lavoro e di conseguenza il benessere aziendale non hanno eguali nel resto del Paese. Seguono la Provincia Autonoma di Bolzano e il Veneto; appena fuori dal podio troviamo la Provincia Autonoma di Trento, il Piemonte e la Valle d’Aosta.

Male, invece, le regioni del Mezzogiorno: ad eccezione della Sardegna, sono tutte collocate nella parte bassa della graduatoria. Le situazioni più critiche riguardano la Sicilia, la Calabria e la Basilicata che occupano gli ultimi tre posti della classifica nazionale.

L’analisi è stata condotta dall’Ufficio studi della Cgia sulla base del rapporto Bes (Benessere Equo Sostenibile), presentato dall’Istat. Dopo l’avvento della pandemia, anche il nostro mercato del lavoro ha subito delle trasformazioni importanti.

In molte aree del Paese, ad esempio, le imprese faticano sempre più a trovare profili con competenze adeguate; pertanto, mai come in questo momento hanno la necessità di fidelizzare i propri collaboratori. Questa operazione sta avvenendo per mezzo di una serie di comportamenti molto virtuosi; come la corresponsione di retribuzioni più elevate, la trasformazione dei contratti a termine a tempo indeterminato, la possibilità di consentire ai dipendenti orari di lavoro più flessibili, attraverso il ricorso a strumentazioni professionali più innovativi, favorendo gli avanzamenti di carriera e, infine, con l’implementazione di benefit e di welfare aziendale.

Nel Nord questo processo di miglioramento del benessere aziendale, soprattutto nelle Pmi, è ormai in corso da qualche anno. Nonostante ciò, la fuga dal posto di lavoro fisso prosegue.

Quando l’offerta di lavoro e’ in forte aumento e la domanda scarseggia, il rischio che le aziende si ‘rubino’ i dipendenti migliori è molto elevato. Secondo l’Inps, infatti, le dimissioni volontarie dei lavoratori dipendenti privati a tempo indeterminato con meno di 60 anni sono in aumento: nel 2022 (ultimo dato disponibile) hanno toccato quota 1.047.000 e, rispetto al 2019 (anno pre-Covid), sono cresciute di 236 mila unità (+29%).

Sebbene siano dati grezzi, è verosimile ritenere che sia in aumento il numero di coloro che hanno deciso di lasciare il vecchio posto di lavoro per uno nuovo. Una decisione, quest’ultima, spesso maturata dopo aver ricevuto un’offerta retributiva migliore e la messa a disposizione di un ambiente di lavoro meno “stressante” del precedente.