Il 15 ottobre si celebra, in tutto il mondo, il “Baby Loss Awareness Day”. Questa giornata, dedicata alla consapevolezza del lutto perinatale, è stata fortemente voluta, negli anni ottanta, da centinaia di genitori in lutto, che hanno dovuto affrontare non soltanto la perdita di uno o più figli desiderati, ma anche l’indifferenza della società.
Dal 2007 questa ricorrenza è conosciuta anche in Italia, grazie ad associazioni attive nel settore. È un’occasione per dare voce ad un dolore muto, spesso soffocato nel cuore dei genitori, perché non compreso da coloro che, fortunatamente, non lo hanno vissuto. A differenza di altre forme di lutto, infatti, questo tipo di perdita, pur essendo molto diffusa (complessivamente nel mondo riguarda 1 donna su 3 tra quelle che iniziano una gravidanza desiderata), non colpisce tutti. Molti di coloro che non l’hanno vissuta personalmente non riescono, quindi, a comprenderne la gravità.
I genitori che hanno attraversato questo dolore conoscono il senso di incomprensione e di solitudine legato alle espressioni «era soltanto un embrione» o «era soltanto un feto». Soltanto se il bambino nasce vivo si comincia a parlare di figlio. Ciò ferisce, nel profondo, l’animo di chi ha già dovuto affrontare una perdita dolorosissima. Perché un figlio è tale dal primo test di gravidanza positivo, dai primi sintomi, dalla prima ecografia. Per una madre e per un padre quel puntino sullo schermo è già il loro bambino.
Di là dalla sensibilità personale, si tratta di emozioni riconosciute e studiate in psicologia, sebbene l’attenzione sul tema sia aumentata soltanto negli ultimi anni. La situazione traumatica che interrompe in modo brusco il processo di genitorialità e il legame di attaccamento in costruzione comporta, infatti, uno shock emotivo intenso e un profondo vissuto di lutto. In queste situazioni, il mancato riconoscimento sociale e culturale del lutto, che spesso è totalmente negato o minimizzato, lascia la coppia e le famiglie nella solitudine e nel silenzio.
Tecnicamente, il lutto perinatale è il lutto che si sperimenta quando si perde un bambino durante la gravidanza, durante il parto o dopo la nascita.Le definizioni che si trovano su qualche testo di psicologia ancora in commercio, legate ad un’epoca in cui di lutto perinatale si sapeva poco o nulla, riprendono, erroneamente, la nozione clinica, in base alla quale «si definisce morte perinatale la perdita di un figlio che avviene tra la ventisettesima settimana di gravidanza e i sette giorni dopo il parto».
La «non legittimazione» del dolore, l’assistenza inappropriata, la mancanza di supporto socio-emotivo possono complicare l’elaborazione del lutto e provocare ripercussioni sulla salute psicofisica dei genitori e dei familiari.
A livello normativo, come è noto, l’attenzione è stata posta sulle interruzioni volontarie di gravidanza, delle quali non si intende parlare in questa sede. Cosa è previsto, invece, per gli aborti spontanei e per il lutto perinatale?
Ci sono alcune disposizioni nel «Regolamento di polizia mortuaria» e sono stati presentati alcuni disegni di legge, formulati su spinta delle associazioni attive nel settore nelle scorse legislature. Poco, troppo poco.
Questi genitori, queste famiglie e questi bambini non nati meritano attenzione. Meritano una normativa che disciplini in modo compiuto tutti gli aspetti del lutto perinatale, dalle definizioni (necessariamente diverse in ragione dell’ambito applicativo), ai profili medici, all’assistenza specifica, al diritto di scelta (ove possibile) sulle modalità di espulsione, all’autopsia, all’anagrafe, alla sepoltura, alla formazione del personale sanitario, all’assistenza psicologica dopo la perdita, al riconoscimento del lutto anche nella normativa sul lavoro.
L’assenza di regole o, meglio, la presenza di poche norme da adattare, sperse in vari testi, la mancanza di preparazione specifica, di zone nei reparti dove poter vivere questo evento drammatico in modo dignitoso, di assistenza per i genitori scioccati, riflettono la disattenzione verso un fenomeno per troppo tempo sottovalutato.
Quelle mamme e quei papà oggi cominciano ad organizzarsi, a condividere il dolore, a restituirgli dignità. Ma lo Stato e le istituzioni non possono abbandonarli.
La sera del 15 ottobre verranno accese, alle sette di sera in Italia, tante candele per ricordare quei bambini vissuti soltanto nel grembo della propria madre o morti poco dopo il parto. Sarà un’onda di luce, per arrivare fino a loro.
Come può inserirsi Meritocrazia in quest’onda di luce? Con una proposta di legge organica, che riconosca questo lutto ed assicuri lo stesso trattamento su tutto il territorio nazionale a chi deve vivere ad affrontare questo dolore.