Come purtroppo spesso accade, ha stazionato per ore, giorni, al pronto soccorso dell’Ospedale dell’Annunziata di Cosenza senza che venisse sottoposto ad adeguate visite specialistiche. Questa volta non scriviamo, però, dei soliti ed atavici disservizi che si continuano a registrare nel nosocomio bruzio, ma di un paziente proveniente da Roseto Capo Spulico, con febbre alta risultato, dopo vario peregrinare, positivo al Covid-19.
In un periodo di emergenza, come quella che stiamo attraversando da mesi, ci si aspetterebbe un comportamento diverso da chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini ed invece ci risiamo. Naturalmente non dobbiamo e non possiamo colpevolizzare i sanitari, anzi. Medici, paramedici e personale sanitario in genere sono proprio quelli che rappresentano le persone più a rischio in assoluto e coloro i quali lavorano a Cosenza sono ancor più a repentaglio.
Quando c’è una patologia infettiva emergente caratterizzata da sintomi aspecifici (come ad esempio febbre e tosse) i primi pazienti possono infettare con facilità i medici e gli infermieri in prima linea, quelli che ancora non sanno con quale malattia hanno a che fare.
Sono anni che il Pronto Soccorso vive una terribile drammaticità. La carenza di personale è tangibile. Una situazione già grave da tempo (con soli cinque medici dei 19 previsti in organico divisi per turno), ma che con l’esplosione del coronavirus rischia di provocare conseguenze ancor più gravi di sempre.