Da Cosenza al successo internazionale come manager, imprenditore e produttore televisivo. Lucio Presta è sicuramente il manager di Tv più importante d’Italia. Quella che sta per cominciare è la sua nona edizione del Festival di Sanremo.
Lucio Presta 63 anni da compiere il giorno di San Valentino, ha un passato da ballerino nei varietà televisivi degli anni 80 prima di passare dietro le quinte, dove sia gli amici che i nemici gli riconoscono una certa ritrosia a parlare di se stesso e un talento di negoziatore fuori dal comune.
Con il Festival di Sanremo il rapporto è antico e, per forza di cose, sentimentale. Presta ha trovato il tempo di raccontarsi in una intervista di Francesco Prisco de Il Sole 24 ore alla vigilia dell’avvio ufficiale della 73esima edizione del Festival di Sanremo: «Da spettatore, mi ricorda l’infanzia con i nonni: Sanremo era immancabile. Mi torna in mente l’amore di mia nonna per Giovanni Calone, meglio noto come Massimo Ranieri. Che grande emozione è stata per me, qualche decennio più tardi, organizzare il tour del ritorno alla canzone di Massimo. Poi mi torna in mente la prima volta che sono andato a Sanremo da ballerino, con Patty Brard nel 1985».
Esattamente 20 anni più tardi, arriva il suo primo Sanremo da manager: la prima edizione affidata a Bonolis. «I due Festival di Paolo», racconta davanti a una tazza di tè, nell’hotel in cui fa base nelle sue giornate milanesi, «sono stati rivoluzionari sul piano dello spettacolo. Pensiamo solo alle aperture spettacolari affidate a Daniel Ezralow o al duetto tra Arisa e Lelio Luttazzi. Bonolis, tra i pochissimi qui da noi ad avere sia il Dna della tv pubblica che di quella privata, ha riportato il grande pubblico al Festival, dopo una parentesi di crisi del prodotto».
Il Sanremo di Antonella Clerici «fu quello della Favola. Nessuno credeva in quel Festival e sorprendemmo tutti. Venivamo dal grande successo del secondo Sanremo di Bonolis. Con Gianmarco Mazzi inizialmente provammo a individuare un partner maschile da affiancare ad Antonella, ma tutti rifiutavano, per il timore di confrontarsi con i numeri che aveva fatto Paolo l’anno prima. Ci accorgemmo che stavamo ragionando del superfluo: la Clerici reggeva benissimo l’Ariston da sola. La forza di Antonella sta nella sua autenticità, nel fatto che è esattamente come la vedi nella vita reale». Poi vennero le due edizioni di Gianni Morandi, «storiche tutte e due per numeri artistici straordinari: penso per esempio a Benigni che fa l’esegesi dell’Inno di Mameli nel 2011».