Mer 1 Mag 2024
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Petrassi (La Terza Rende): “E se la città unica la chiamassimo Rende?”

Ci sono guerre fatte per la conquista di territori che avvengono attraverso l’uso di carri armati e bombe, altre fatte attraverso forzature legislative a colpi di carta bollata. 

Queste forme di conquista territoriale hanno in comune il fatto di realizzarsi attraverso il prepotente utilizzo della forza, prevaricando e sfregiando ogni forma di volontà popolare e partecipazione democratica.

Nessuna testa pensante dovrebbe essere a priori contraria a una proposta politica debitamente avanzata e spiegata ai cittadini e la proposta della città unica Cosenza-Rende-Castrolibero potrebbe trovare potenzialmente grande consenso, ma ai soprusi e alle sopraffazioni non bisogna mai cedere.

Il tentativo di arrivare alla costituzione della città unica utilizzando l’attuale legge regionale in materia, modificata appositamente di recente per sminuire il valore dei referendum attraverso la previsione di un quorum farlocco ed escludendo dal processo decisionale le deliberazioni dei Consigli Comunali delle città interessate, rappresenta l’attuazione di un disegno politico di una violenza inaudita soprattutto se si considera il fatto che Rende suo malgrado sta attraversando un momento di debolezza politica che non ha precedenti nella sua storia recente.

I promotori di questo processo decisionale dovranno assumersi tutte le responsabilità di quella che di fatto è una violenza istituzionale perpetrata nei confronti della storia di Rende e dei suoi cittadini. 

Avremmo voluto che i promotori avessero dimostrato lo stesso impegno, la stessa sensibilità dimostrata per la proposta sulla città unica per la realizzazione di cose più concrete e utili per cittadini dell’area urbana cosentina come per esempio il ponte di congiunzione di viale Principe e viale Mancini che rappresenta la dimostrazione plastica dell’inettitudine della politica dell’area urbana degli ultimi anni, invece preferiscono unirsi per portare avanti proposte impalpabili, intangibili e modaiole. 

Accusano noi rendesi di essere campanilisti, di essere “paesanotti i Renne paise”. Tuttavia come si fa a non difendere il proprio campanile, la propria città da una proposta priva di progettualità e di studi analitici, che non tiene conto della volontà di una comunità storica così importante come quella di Rende?

Come si fa a forzare un’unificazione senza fare prima uno studio di fattibilità?

Come si fa a non spiegare ai cittadini quali sarebbero gli effetti negativi e positivi che deriverebbero dall’unione?

Probabilmente, come qualcuno ha evidenziato, rimanendo così le cose per i cittadini di Rende e non solo ci sarebbero più ripercussioni negative che positive da una unione così spregiudicata, a cominciare dalle conseguenze economiche, per non parlare poi della perdita del nome e della dignità di una città quella di Rende che ha una storia antica più che millenaria e una storia moderna straordinaria.

A proposito del nome della futura città, nessuno ne parla. Forse perché si dà per scontato che debba chiamarsi Cosenza?

E perché mai per esempio non si potrebbe aggiungere il nome Rende?

Coloro che si dichiarano favorevoli alla proposta così fatta, lo sarebbero ugualmente se la città invece di chiamarsi Cosenza si chiamasse Rende?

Nell’ambito dell’organizzazione giuridica romana la storia racconta che a Rende fu dato già in epoca repubblicana il ruolo di “Municipio”, nel corso dei secoli il significato della parola Municipio è andato via via modificandosi fino ad arrivare ai giorni nostri, ma sta di fatto che dopo migliaia di anni una proposta portata avanti senza il rispetto della storia, della cultura e delle tradizioni vuole levare alla città questo storico ruolo cioè quello di continuare ad essere appunto un municipio, un comune italiano di 38.000 abitanti, uno dei pochi che nonostante tutto continua a crescere demograficamente.

Forza “Rennitani”, resistiamo e reagiamo uniti a questo tentativo di cancellare per sempre la nostra comunità e la nostra storia. Se fosse necessario anche erigendo barricate sul Campagnano.

Così in una nota Carlo Petrassi presidente de “La Terza Rende”