Sab 20 Apr 2024
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Vicenda Abramo, le precisazioni di Elisabetta Barbuto M5S Camera dei Deputati

Non avevo ritenuto di scrivere alcun comunicato in merito all’incontro che, su cortese richiesta delle associazioni sindacali, mi è stato rivolto e si è tenuto nella giornata di lunedì 2 luglio 2019 presso la sede della UIL di Crotone in merito alla vicenda Abramo Customer Care, visto l’ampio risalto che dello stesso è stato fornito tramite le stesse associazioni sindacali che ringrazio per questo.

Vorrei, infatti, precisare che, anche se non ero stata invitata, qualche tempo fa mi presentai comunque in Prefettura ad un tavolo chiesto sempre dai sindacati per discutere della vicenda e sempre nell’ottica concreta di lavorare in sinergia, senza fini reconditi se non quelli emergenziali e strutturali che venivano evidenziati.

Penso che ormai conosciate il mio modus operandi.

Non scrivo per farmi pubblicità ma per fornire informazioni concrete e dati di fatto.

Soprattutto non intendo speculare sulla pelle della gente, in questo caso dei lavoratori dell’Abramo, per alimentare visibilità politica e acquisire, incrementare o mantenere consenso tra una campagna elettorale e l’altra.

Non è questo, infatti, lo scopo ultimo con cui, tanto la sottoscritta quanto i colleghi Tucci, Orrico e Auddino, ci stiamo interessando della vicenda, ma per tentare di offrire un contributo fattivo alla risoluzione della vertenza. Che è grave. Che è difficile. Che necessità di lavoro serio, costante e collaborativo di tutti i soggetti coinvolti e quindi NON di chiacchiere distruttive in libertà, sia che le stesse chiacchiere costituiscano il mezzo per continuare a gettare discredito precostituendosi un alibi per la propria assoluta insipienza sia che costituiscano il mezzo per favoleggiare l’opera di esaltazione di  interventi taumaturgici di un solo deus ex machina che generalmente si verificano solo nei miti greci e/o nelle leggende nibelunghe.

A distanza di alcuni giorni, però, in seguito ad alcuni interventi sulla stampa di vari soggetti che non si sono potuti trattenere e hanno ritenuto, comunque, di dover pontificare sulla vicenda, sia pure con intenti e scopi diversi, ritengo doveroso e imprescindibile intervenire per evidenziare alcune circostanze fondamentali.

Nel corso dell’incontro che si è svolto in maniera serena e costruttiva, all’insegna dei più ampi e reciproci intenti collaborativi, il decreto dignità non è stato proprio preso in considerazione quale causa dell’attuale situazione di crisi dei call center e non è stato preso in esame se non a latere del discorso. Piuttosto l’attenzione dei convenuti tutti si è incentrata sulla necessità di rivedere globalmente il settore di cui sono stati evidenziati elementi critici quali la riduzione dei volumi delle commesse e la elusione delle clausole sociali, l’esigenza di prestare attenzione ai clienti basso spendenti che non ottengono assistenza, la riorganizzazione  delle gare per le commesse delle società di telefonia che devono attenersi alle tabelle ministeriali sul costo del lavoro, il potenziamento del Fondo di integrazione salariale ed ancora la necessità di riconvertire l’organizzazione lavorativa della società. Tutto ciò in prospettiva di un incontro al MISE che le organizzazioni sindacali hanno già chiesto.

Appare evidente, allora, che ogni successivo intervento che ha tentato di chiosare l’incontro, pro domo sua, attribuendo le colpe al “decreto dignità “seguendo il solito copione poco originale evidenzia due ipotesi alternative, entrambe francamente sconcertanti e decisamente deprimenti.

La prima. Chi ha parlato non è in grado di leggere i dati che certificano ben altro che colpe del decreto dignità e lo ha fatto proprio nei giorni (che sfortuna!) in cui l’ISTAT ha certificato in Italia un aumento dell’occupazione stabile mai così alta dal 1977 e, dunque, parla per pura ignoranza della situazione

La seconda. Chi ha parlato tenta di mantenere il consenso elettorale parlando strumentalmente di presunte colpe del decreto dignità nella costante opera di discredito del Ministero del lavoro e dei parlamentari crotonesi.

Se fossimo in un’aula di tribunale si potrebbe parlare di colpa (nella prima ipotesi) o di dolo (nella seconda ipotesi). Elementi psicologici, tuttavia, entrambi molto gravi che evidenziano una sola cosa.

L’assoluto disinteresse concreto per una vicenda molto grave che non può e non deve essere utilizzata per sponsorizzare le proprie velleità elettorali e/o mantenere visibilità agli occhi dei cittadini.

Fiato alle trombe… diceva un presentatore molto noto qualche anno fa.

Peccato che poi il sipario chiuda ed ognuno torni a casa a fare i conti con la propria coscienza. Se c’è, ovviamente.