C’è malcontento sulla nomina del nuovo direttore generale del dipartimento programmazione in seno alla Regione Calabria.
In merito intervengono, attraverso una nota stampa, i deputati del Movimento Cinquestelle Francesco Sapia, Bianca Laura Granato, Paolo Parentela e Giuseppe d’Ippolito. «La presidente della Calabria, Jole Santelli, tolga a Maurizio Nicolai la poltrona di capo del Dipartimento regionale Programmazione, che nello specifico per legge non gli poteva essere assegnata».
I parlamentari pentastellati avvertono: «In caso contrario presenteremo un esposto argomentato all’Anticorruzione, poi vedremo. Intanto ci chiediamo il perché di questa scelta, che non depone bene per l’amministrazione regionale di centrodestra, visto che Nicolai è stato al vertice di Arcea sino all’ottobre del 2018 e alle Regionali dello scorso gennaio si è candidato addirittura a sostegno di Jole Santelli» conquistando 3.276 preferenze, che ne fanno il primo dei non eletti per Forza Italia nella circoscrizione elettorale cosentina, a circa 500 suffragi di distanza dall’attuale presidente della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta Antonio De Caprio.
I deputati di Cinquestelle sottolineano: «Al di là dell’illegittimità di questa nomina, più che evidente, nella vicenda emerge l’assoluta noncuranza della questione morale da parte dell’esecutivo regionale. A capo della struttura preposta alla pianificazione delle risorse europee e nazionali per lo sviluppo della Calabria, si è messo un recente candidato consigliere regionale. Questi, indipendentemente dalle proprie competenze, su cui non mettiamo bocca, ha nel proprio curriculum un’esperienza elettorale e dunque rapporti fisiologici con un pezzo di elettorato. Si tratta di un fatto, di un elemento che, qui come in situazioni analoghe, può pregiudicare la terzietà amministrativa e che di per sé avrebbe dovuto indurre Santelli e i suoi a non conferire l’incarico a Nicolai».
I parlamentari del M5S, concludono: «la questione morale non rientra, soprattutto in Calabria, tra le priorità della vecchia politica. Inascoltati, da anni ripetiamo che in nessun caso i partiti possono essere uffici di collocamento».