Ven 19 Apr 2024
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Il Covid, le epidemie nella storia e la normalità attesa

di Maria Brunella Stancato

Ti svegli una domenica mattina con un peso nel cuore e ti chiedi.
Come ti senti? Come mi sento? Il tempo fugge e mi sfugge, siamo appesi al bollettino delle 17 nell’attesa che giunga quel giorno che ci annunci. Ecco la musica è finita; gli artisti se ne vanno ed io rimango libera, libera, libera.
Invece, siamo chiusi in casa a vivere la storia per cercare da un lato di dare un senso a questa epidemia che ha sconvolto le nostre vite ed ha svelato tutte le nostre fragilità, e dall’altro evitare atteggiamenti estremi, come il panico che è più grave dello stesso virus, o quello del negazionismo (che mi chiedo se sia più ignoranza o qualcosa di oscuro).

Di epidemie e pestilenze la storia dell’umanità ne ha conosciute diverse purtroppo. Dalla peste che colpì l’esercito greco sotto le mura di Troia, descritta nel primo canto dell’ Iliade, a quella di Atene nel 335 A.C. della quale ci restano le testimonianze di Sofocle e di Tucilide.
Quella del 527 dopo Cristo che determinò la crisi dell’impero di Giustiniano.
La più tristemente nota, rimasta nella memoria collettiva, anche perché in quella cornice è ambientato il “Decameron” di Boccaccio, fu quella del 1348 che durò, a riprese, per diversi anni e uccise più della metà della popolazione europea.
Manzoni con i promessi sposi ci ricorda la peste del 1630. Nel 1918 la “spagnola” che finì verso il 1923 e provocò la morte di circa 50 milioni di persone.
E per ognuna di queste “guerre” le conseguenze sono state sempre disastrose, ma le società sono riuscite sempre a riprendersi.
Oggi viviamo la nostra.

Quello che conta è il nostro atteggiamento che non può che essere responsabile e di fiducia nella scienza, non perché sia infallibile, ma perché questa è l’unica attività, intesa come continua ricerca collettiva e in continuo progresso capace di autocorreggersi.

Vi è un aforisma di Galieo che coglie il senso profondo della ricerca scientifica: “compito della scienza non è aprire la strada all’infinito sapere, ma creare una barriera all’infinita ignoranza”

Il vero male del mondo è l’ignoranza che anche in questo caso lascia spazio a scriteriate notizie di complotti tendenti a seminare il terrore.
Nell’epidemia che stiamo vivendo, piuttosto che vedere complotti o castighi divini, abbiamo il dovere di seguire le indicazioni e le norme comportamentali contenute nei vari ormai famosi dpcm.
A queste condizioni, illuminati da una luce che anche nella sofferenza indica la strada del bene, evitando l’abbrutimento dell’uomo nel pessimismo e nel rancore, vi è la fondata speranza della ripresa e il ritorno ad una vita si fa per dire Normale.