Mer 22 Mar 2023
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Un frammento del barcone naufragato donato al Papa da una parrocchia calabrese

«Non li abbiamo potuti accogliere come siamo abituati a fare, come avremmo voluto: il frammento di legno, che oggi abbiamo donato al Papa, è una piccola parte dell’imbarcazione che dieci giorni fa, a pochi metri dalla spiaggia di Cutro, ha urtato contro una secca, scaraventando in mare quasi duecento persone».

Due sacerdoti della diocesi di Crotone – Santa Severina hanno ricordato insieme a Papa Francesco durante l’udienza generale, le vittime — al momento 73 quelle accertate — del tragico naufragio, avvenuto alle prime ore del 26 febbraio sulla costa ionica della Calabria.

Don Mirco Pollinzi e don Francesco Gentile, della parrocchia di Isola Capo Rizzuto, dovevano essere in Piazza San Pietro “solo” — si fa per dire — per accompagnare un gruppo di cresimandi. E invece si sono presentati come testimoni, davanti al Pontefice, di un evento che ha segnato indelebilmente la coscienza delle comunità della costa calabrese. E non solo.

«È un lutto familiare» dicono don Mirco e don Francesco. In piazza San Pietro hanno portato la forza spirituale della Via crucis celebrata sulla spiaggia di Cutro, domenica scorsa, con una croce realizzata sempre con il legno del relitto.

Alle dolenti parole dei due sacerdoti fanno eco quelle del parroco di Steccato di Cutro, don Pasquale Squillacioti, che ai due sacerdoti ha affidato una lettera personale per il Pontefice. A «L’Osservatore Romano» — telefonicamente — don Pasquale racconta quanta importanza abbia il dono al Papa di un frammento del relitto.

«Gli chiediamo di restare unito a noi con la preghiera, affinché il mare restituisca i corpi dei dispersi così che abbiano una degna sepoltura e i parenti abbiano un posto dove “cercare” conforto e vicinanza con chi non c’è più». Si teme, dice don Pasquale, «che possa essere tra 30 e 40 il numero dei corpi non ancora recuperati». Le persone sopravvissute, racconta, sono circa ottanta.

Non sono la fatica e la stanchezza, dopo dieci giorni “interminabili” che lo hanno visto tra i primi testimoni di «immagini apocalittiche che mi auguro non finiscano nel dimenticatoio», a far venire meno in don Pasquale «il senso di paternità». La risposta della popolazione calabrese è stata, sin dalle prime ore del naufragio, «una luminosa testimonianza di fede» fa notare.

«Un anno fa in questa giornata celebravo un funerale per un femminicidio, quest’anno ci troviamo a piangere tante vittime innocenti, tra cui molte donne» conclude don Pasquale, facendo riferimento alla Giornata internazionale dell’8 marzo.

da L’Osservatore Romano